sabato 20 agosto 2016

Harem End: Recensione

Titolo originale: Harem End
Autore: Shintaro Kago
 Tipologia: Seinen Manga
Edizione italiana: inedito
Volumi: 1
Anno di uscita: 2012 


Shintaro Kago è un pazzo. Decostruttore estremo del fumetto, così efferato da reputare il suo stesso operato come merda, attraverso una perizia tecnica incontestabile, che si rifà all'iperrealismo grafico di Otomo e Maruo, il mangaka muove una satira grottesca di grande impatto, che fa di tutto per rimanere impressa nella mente del lettore, ponendosi con grande prepotenza attraverso corpi squartati in mille pezzi, cadaveri in putrefazione, sanguinose dissezioni di ragazzine innocenti, falli che diventano carri armati, parti del corpo umano che vengono ruotate e disassemblate allo stesso modo delle facce di un cubo di Rubik... insomma, si tratta di perversioni talmente creative da essere addirittura difficili da concepire, sicché provengono dagli angoli più reconditi della mente. Attraverso uno stile personalissimo, riconoscibile con poche tavole, il mangaka punta il ditino contro la società dei consumi e il suo deperimento dei valori, attraverso un masochismo splatter che stordisce come una bastonata in testa.
Un autore con un tale gusto dell'orrido, che ama collezionare action figures di cadaveri in putrefazione e strumenti di tortura (!), come si approccerebbe alla critica del medium animato e dell'otakuzoku in generale?
"Harem End" ci dà la risposta.


Nell'opera, la furia distruttrice di Kago si concentra sull'animazione contemporanea, nella quale il genere harem è inflazionato; di fatto, "Harem End" è una decostruzione brutale del genere, che ridicolizza con sarcasmo feroce tutti i suoi stereotipi, uno alla volta, sino al prevedibilissimo mattatoio finale. Ovviamente tra i personaggi dell'opera non mancano riferimenti a ragazzine moe provenienti da "Madoka Magica", "Chūnibyō demo koi ga shitai!" et similia, che vengono rappresentate realisticamente e svuotate dei loro tratti kawaii, in modo tale che appaiono sgradevoli e ancora più kitsch delle loro controparti originarie.


Una volta terminato l'incipit a base di harem, Kago si scaglia contro l'industria dell'animazione tutta, raffigurando gli otaku produttori e consumatori come dei "necrofili" che adorano personaggi di "anime" creati dal vivo con cadaveri dissanguati, che vengono impiegati nelle riprese come se fossero marionette - palese metafora che grida alla "morte dell'animazione" e all'inettitudine dei suoi personaggi-simulacro senza fare troppi complimenti. In particolare, ad essere preso a sassate è un animatore di nome Kawamori, probabile riferimento allo Shoji Kawamori che nel 1982 con "Macross" diede origine all'animazione "da otaku per altri otaku": attaccando il fenomeno alla sua origine, e facendoci sopra del sarcasmo decisamente malato, Kago - molto probabilmente in modo involontario - crea alcuni spunti di riflessione sul manierismo tipico dell'attuale medium animato giapponese e sulla deteriorità dei suoi meccanismi di produzione, creazione e consumo, che essendo ormai per la maggiorparte ad esclusivo appannaggio di una ristretta nicchia di otaku animalizzati, inevitabilmente portano alla stagnazione e all'autoreferenzialità, ovvero alla morte della creatività.


Decisamente esilarante per i cultori dell'artista, molto probabilmente indigesto per la maggiorparte dei lettori, "Harem End", sebbene non figuri di certo tra i capolavori dell'ero-guro più underground di sempre, si rivela una lettura potente, sopratutto per chi ama fare dell'umorismo diretto - privo di moralismi, bigottismi e leziosismi - sulla perversione indotta dall'alienazione dell'individuo postmoderno e sul cinismo che da sempre l'accompagna. Cinismo che colpisce ogni cosa, anche le protagoniste apparentemente privilegiate del manga, che - tra un omicidio e l'altro - dichiarano guerra al becero maschilismo tipico delle produzioni harem, nelle quali i personaggi femminili vengono oggettificati, subordinati ai bisogni masturbatori dell'uomo/otaku e privati di ogni libertà - «Ho preso parte ad Harem End perché volevo resettare la mia condizione di sottomissione agli uomini... volevo diventare qualcuno in grado di agire! Non lascerò più che qualcun'altro decida il corso della mia vita! Io agisco di mia volontà!», dice una delle ragazze prima di uccidere; ma poi, qualche pagina più avanti, si scopre che era tutto finto, e che anche la ribellione faceva parte dello spettacolo; pertanto è impossibile emanciparsi dal tetro gioco dell'harem: anche quel personaggio che sembrava rivoltarsi contro il sistema non è nient'altro che un burattino prodotto dal sistema stesso. E dato che il "sistema harem" in un certo senso è un "sottosistema" di quello ben più reale del capitalismo efferato ed incontrollato, che tutto oggettifica e rende cliché - incluse le persone, la loro sessualità e la loro affettività - a colpi di riduzionismo scientifico, lobotomizzanti pubblicità, mode passeggere, tormentoni, vaniloqui, pornografia, violenza ed omologazione del pensiero, il messaggio lanciato da "Harem End" assume sfumature molto più macabre del previsto - dalla postmodernità non si può fuggire, e l'identità, l'idealità e la volontà, in un contesto del genere, mancano di basi solide per poter realmente sedimentare (e pertanto spesso si trasformano in simulacri, assumendo la stessa valenza dell'ultimo giocattolo tecnologico alla moda). Il macabro approccio di Kago al corpo umano, che costituisce il fondamento di ogni struttura socio-antropologica coerente, ribadisce il concetto.


Per quanto concerne gli aspetti tecnici, "Harem End" non può di certo competere con "Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio?" e "Fraction", nei quali la decostruzione assoluta tipica della poetica dell'autore colpisce addirittura le stesse vignette (!), che talvolta vengono svuotate completamente del loro contenuto, il quale viene rappresentato in ciò che rimane della pagina (!!) e altre folli trovate in cui di sovente si nota l'utilizzo della tecnica della metanarrazione, cavallo da battaglia di un autore che nelle sue provocazioni ama dissezionare - oltre al corpo dei suoi personaggi - i processi che stanno alla base del suo stesso lavoro creativo e il contesto che li ha ispirati. "Harem End" formalmente è un fumetto classico, impaginato schematicamente e disegnato senza un'eccessiva abbondanza di particolari, un divertissement sepolcrale e squisitamente malato, un modo estremo e autorale di concepire il sacrosanto otaku trolling - un diritto inderogabile dell'umanità tutta, inclusi gli stessi otaku.


 

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