sabato 26 marzo 2016

Xenogears: Recensione

 Titolo originale: Xenogears
Sviluppatore: Squaresoft
Soggetto: Soraya Saga, Tetsuya Takahashi
Character Design originale: Kuniko Tanaka
Musiche: Yasunori Mitsuda
Formato: PSX
Durata: 80 ore di gioco circa
Anno di uscita: 1998


"Xenogears" ha fatto molto parlare di sé, sin dalla sua uscita, guadagnandosi in poco tempo lo status di grande totem dei giochi di ruolo giapponesi di tutti i tempi, assieme a titoli del calibro di "Final Fantasy VII" e "Chrono Trigger", con i quali condivide alcuni membri del team di sviluppo. Classificarlo come mero jrpg sarebbe comunque riduttivo, sicché la cosa che è stata in grado di colpire visceralmente l'audience - sino al punto di generare alcuni casi di fanatismo a dir poco esasperato - non è tanto il suo status di "videogioco" tout court, bensì l'estrema complessità di trama, tematiche e personaggi. Dall'uccisione di Dio di nicciana memoria, sino alla frammentazione dell'identità tanto cara alla psicoanalisi, passando per lo gnosticismo, la mitologia ebraica e alcuni profondi rimandi alla letteratura fantascientifica americana, "Xenogears" si eleva ad altezze inimmaginabili, coronando nel migliore dei modi la poetica dell'otaku di prima generazione, rimanendo tutt'ora imbattuto per quanto concerne carisma e messaggio finale.
Opera senz'altro postmoderna ma non decostruttrice del suo genere (come invece lo è l'"Evangelion" a cui è stato ingiustamente paragonato dai fan), questo oggetto di culto trattasi di una grande narrazione che si snoda attraverso molteplici incarnazioni dei protagonisti, dalla creazione dell'uomo sino alla sua apocalisse, ma anche di una delle più belle storie d'amore mai scritte da un giapponese.
Ciò premesso, addentriamoci nell'analisi minuziosa di questo particolarissimo titolo, del quale riporterò alcuni importanti retroscena che meglio chiariranno gli intenti dei suoi autori nel tessere un mosaico così complicato e indimenticabile.


L'ideazione del videogioco è il frutto di Soraya Saga (nome d'arte di Kaori Tanaka) e Tetsuya Takahashi, due coniugi che si erano conosciuti durante la lavorazione di "Final Fantasy VI"; nel 1994, Soraya Saga propone all'azienda una storia incentrata su un soldato di ventura con problemi d'identità multiple: il progetto viene inizialmente concepito come "Final Fantasy VII" e rigettato da Hironobu Sakaguchi in quanto "troppo fantascientico per un jrpg", sebbene l'idea di base venga comunque mantenuta da quest'ultimo (non a caso Cloud Strife corrisponde perfettamente al protagonista ideato da Soraya). Detto ciò, il datore di lavoro di casa Square, impressionato dal soggetto, in un secondo momento lascia carta bianca a Takahashi e sua moglie, permettendo loro di sviluppare un nuovo gioco partendo da zero che non sia un "Final Fantasy", ma qualcosa di radicalmente diverso. A questo punto Takahashi, otaku di prima generazione cresciuto a pane, romanzi sci-fi, tokusatsu, robotici Sunrise, filosofia ed esoterismo, può mettere tutto sé stesso nel lavoro monumentale che si appresta a dirigere: l'eterno ritorno descritto da Nietzsche e la relazione che sussiste tra reincarnazione, piani superiori e inferiori dell'esistenza, femminino sacro creatore e distruttore - Sophia, che da simbolo appartenente all'escatologia gnostica diventa un personaggio chiave del gioco -, devono coadiuvare il suo romanzo fantascientifico preferito, il "Childhood's End" di  Arthur C. Clarke (da noi conosciuto come "Le Guide del Tramonto", edizioni Urania), nonché il monumentale "2001: a Space Odyssey" e i tominiani "Mobile Suit Gundam" e "Space Runaway Ideon".
Curiosamente, il progetto iniziale di Soraya Saga verrà denominato in fase di lavorazione "Chrono Trigger II", dacché la Squaresoft per un certo periodo aveva pensato di candidare il lavoro come possibile sequel di "Chrono Trigger". Ovviamente alcune circostanze hanno fatto sì che il progetto prendesse una piega completamente indipendente.

«I am the alpha and omega,
the first and the last,
the beginning and the end.»

L'epopea fantascientifica si apre con un scena in cui l'Eldridge, colossale astronave vagamente ispirata a "Corazzata Spaziale Yamato", subisce un guasto causato da un oggetto in essa custodito, il quale pare essere un'arma di distruzione interplanetaria denominata YHVH (Deus nell'edizione americana, per ovvi motivi di censura) alimentata da un misterioso monolite che le fornisce energia infinita, lo Zohar - il quale concettualmente è il punto d'incontro tra l'Ide di "Ideon" e il monolite di "2001: ASO", e porta il nome del testo chiave della Kabbalah ebraica, che significa "Libro dello Splendore". La novella Yamato si schianta su un pianeta, e dalla sua carcassa emerge Miang Hawwa, una donna bellissima dai lunghi capelli che darà origine ad una nuova umanità: ella rappresenta l'archetipo della madre terribile che uccide l'ego dell'uomo castrandolo, è correlata alla terra e al divino ed è in dualità con la protagonista femminile del gioco, modellata secondo la donna ideale dell'immaginario di Takahashi (cosa che provocherà numerosi attacchi di gelosia della moglie nel corso della lavorazione del gioco: nelle interviste Soraya Saga non nasconderà una marcata ostilità nei confronti del personaggio). Da questo momento in poi, inizia la storia delle incarnazioni di Fei Fong Wong - l'unico "vecchio" essere umano sopravvissuto all'incidente dell'Eldridge - e della bella Elhaym, che si ritroveranno a rivivere una pefetta tragedia greca in varie epoche, influenzando numerosi personaggi avvolti dal mistero che tramano da dietro le quinte dell'umanità al fine di contrastare - o assecondare - la terribile volontà di YHVH, quello che si potrebbe definire come il demiurgo gnostico del gioco. Particolarmente carismatico il "supervisore dell'umanità" Karellen, che contriariamente alla sua controparte originaria di "Childhood's End" viene reso da Takahashi umano, sensibile nella sostanza ma austero nell'apparenza, nonché sofferente e tormentato, sebbene irraggiungibile e avvolto dal mistero - contrariamente ai jprg classici, alcuni antagonisti principali di "Xenogears" non potranno mai essere sconfitti dal protagonista, ma andranno incontro ad un destino prefissato interagendo nel loro micro-universo al riparo dall'influenza del giocatore. Anzi, sin dall'inizio del gioco i fatti negativi più eclatanti vengono messi in atto dal "soldato di ventura dalle personalità multiple" Fei e dall'irascibile e drogata Elhaym, che è arruolata nella fazione opposta a quella del suo futuro - e passato - amore. Pertanto, l'estrema complessità del gioco fa sì che non esistano buoni e cattivi, ma soltanto esseri umani prigionieri delle contingenze esterne e delle loro nevrosi.


A parte i soliti noti Carl Jung e Sigmund Freud, Takahashi desidera esprimere attraverso la sua magnum opus gli aspetti più affascinanti della psicologia di Karen Horney (non a caso la madre di Fei viene battezzata con lo stesso nome) e Claudio Naranjo, tingendo il dramma interiore dei suoi personaggi con una forte pennellata di esistenzialismo. La ricerca di uno scopo, di una "grande narrazione" da consumare è al centro delle riflessioni degli otaku di prima generazione (si pensi all'opera di Hideaki Anno), e Takahashi si appropria del pensiero dei suddetti psicoanalisti per raccontare che alla base di un sogno tradito c'è un contesto sbagliato (trasponendo le sue ansie derivanti dallo scontro tra idealità e realtà nel personaggio di Karellen, che rappresenta il suo alter ego), e che nell'imperfezione si trova la perfezione, sicché ogni uomo è un frammento di un essere più grande le cui parti, sebbene piccole e insignificanti, si riflettono tra loro e si connettono a vicenda formando un'unità nella molteplicità in cui le dinamiche della psiche vengono proiettate tra di loro in modo complementare - cosa sottolineata dalla bellissima canzone che accompagna i titoli di coda del gioco, "Small two of Pieces". Naranjo stesso nei suoi libri parla di "piccoli pezzi e grande unità" - molto probabilmente ispirato dal suo amico Carlos Castaneda - per descrivere l'animo umano, che si realizza mediante la coscienza della sua incompletezza e si rivela a sé stesso in modo frammentario, come se l'individuazione del sé consistesse in una camminata all'interno di una stanza gremita di specchi (Character and Neurosis, 1994).
Sempre da Naranjo Takahashi apprende l'utilizzo dell'enneagramma dei tipi psicologici, e lo utilizza per creare i suoi personaggi, cercando di renderli "vivi" e credibili nelle deformità del loro ego e della loro dissociazione interiore. L'apice di questo percorso introspettivo è senz'altro la famosa scena del gioco in cui il protagonista regredisce allo stadio infantile (a livello inconscio), e, in una stanza buia all'interno della sua mente, osserva un vecchio film in bianco e nero in cui compare una sanguinosa vicenda legata a sua madre. La personalità di Fei è frammentata in tre alter ego dotati di volontà propria denominati Id (palese riferimento alla psicologia freudiana), Il Codardo e Il Fei Artificiale: il compito di quest'ultimo è l'unificazione degli opposti mediante l'individuazione del sé, in questo caso "rappresentata" dal proiettore/specchio dell'anima che favorisce il raggiungimento della coscienza e dell'autocomprensione interiore.


I personaggi di "Xenogears" sono pertanto una delle chiavi di volta dell'opera. A Fei ed Elly si aggiungono numerosi comprimari carismatici: Citan, uno scienziato/intellettuale ideato da Tetsuya Nomura (il quale era presente nello staff durante la fase preliminare di sviluppo del gioco) e reso oltremodo misterioso e ambiguo da Takahashi; Emeralda, una ragazzina cyborg composta da nanomacchine dichiaratamente concepita dal character designer Kuniko Tanaka sulla base della protagonista dell'anime "Key the Metal Idol"; Ramsus, l'eterno perdente frustrato dalle ripetute sconfitte subite per mano del suo rivale involontario che neanche lo considera (questa figura tragica è onnipresente nei robotici di Tomino tanto amati da Takahashi); Billy, un prete pistolero introverso, perfettino e malinconico che in passato era stato costretto a prostituirsi... all'appello non mancherà inoltre una sorta di Dart Vader in grado di bucare lo schermo con poche fugaci apparizioni - Grahf - la cui vera identità rappresenta uno dei colpi di scena più drammatici del gioco, e tante altre figure indimenticabili, tipo gli elements, palese omaggio al femminile agli eroi tokusatsu sessantini e settantini - le quattro pulzelle saranno dotate addirittura di un robot componibile in stile "Power Rangers". Insomma, un elenco dettagliato e completo del cast sarebbe fin troppo prolisso da stendere, data l'enorme quantità di informazioni da gestire.


Contrariamente ad Arthur C. Clarke, che riponeva fiducia nella scienza e nel futuro dell'umanità, Takahashi rappresenta un futuro distopico e oscuro, traendo ispirazione dall'angoscioso film "Soylent Green" di Richard Fleischer (da noi conosciuto come "2002: i sopravvissuti"), che nel gioco viene citato più volte (si pensi ad esempio al raccapricciante Soylent System in cui finiscono i nostri eroi durante l'esplorazione di Solaris, città fantasma ipertecnologica il cui nome è un palese omaggio al seminale - e mistico - omonimo film di Tarkovskij, una delle tante fonti d'ispirazione del lato più escatologico e concettuale di "Xenogears"). 
Per mettere in scena al meglio la fantascienza dura e filosofica a lui cara, Takahashi vorrebbe sbarazzarsi di tutti gli elementi pastorali introdotti nel gioco dallo scenario writer Masato Kato: ci riuscirà grazie a innumerevoli revisioni dello script, ma soltanto in parte, siccome il gioco nei suoi primi frangenti è comunque ambientato in campagna (le vicende apocalittiche, cosmiche e teologiche dell'opera si aprono in un paesino rurale con tanto di matrimonio della contadina della situazione, tanto per dire). Questa avversione di Takahashi per le atmosfere bucoliche deriva altresì dal fatto ch'egli vorrebbe creare una sorta di saga epica in stile "Star Wars" strutturata in più capitoli: "Xenogears" viene inizialmente concepito come una grande narrazione composta da sei episodi, tuttavia, di fatto, il gioco è il quinto episodio (la storia di Fei dopo l'attacco al villaggio di Lahan), mentre invece il secondo episodio (la Genesi della nuova umanità), il terzo episodio (l'era Zeboim, che corrisponde al nostro attuale presente: in essa compaiono alberi di natale, armamenti nucleari sepolti nelle viscere della terra, Elvis ecc.) e il quarto episodio (la guerra di Solaris) vengono inseriti nella sofisticata macchina narrativa dell'opera mediante numerosi flashback. Il primo episodio (la Neo Gerusalemme e l'origine di YHWH) non è incluso in "Xenogears" - tuttavia alcune speculazioni dei fan sostengono ch'esso consista nel lavoro successivo di Takahashi, il famigerato "Xenosaga"; del sesto episodio invece si sa poco o nulla - molto probabilmente sarebbe stato il sequel di "Xenogears" promesso a Takahashi dalla Squaresoft nel caso in cui le vendite del suo gioco avessero superato il milione di copie, ma purtroppo così non è stato, in quanto effettivamente il suddetto ha venduto circa novecentomila copie (faccio presente al lettore che il finale di "Xenogears" è completo, gli eventi messi in moto all'inizio del gioco trovano una degna conclusione priva di aperture o punti lasciati in sospeso, pertanto il sesto episodio pare più che altro una strategia di marketing mai giunta a compimento). 


"Xenogears", essendo un progetto alquanto indipendente dai soliti standard commerciali Squaresoft, ha goduto di un budget non molto elevato, complice altresì la concomitante lavorazione di "Final Fantasy VII", al quale l'azienda per ovvi motivi aveva dato la priorità. Inoltre, la realizzazione delle spendide scene d'intermezzo del gioco (messe in movimento da alcuni key animator provenienti dall'ex staff di "Evangelion") si era rivelata abbastanza costosa, pertanto non stupisce che a partire dal secondo disco il suddetto si trasformi in una sorta di visual novel in cui il giocatore dovrà assistere per numerose ore allo sviluppo della trama e ai monologhi dei protagonisti (questo colpo di grazia allo sviluppo di "Xenogears" viene inflitto dal nascente progetto "Final Fantasy VIII", nel quale la produzione, per cercare di replicare il successo di "Final Fantasy VII", investe un sacco di yen). Nonostante queste circostanze sfavorevoli, il carisma dei personaggi e la profondità di storia e tematiche sono talmente elevati che si rimane comunque stupiti, ammaliati e con gli occhi sgranati di fronte ai tormenti interiori di una Elhaym la quale, seduta su una sedia con una croce che volteggia come un pendolo di fronte a lei, mette in dubbio tutte le sue convinzioni, il suo essere, si strugge mettendosi completamente a nudo, lasciando talvolta il passo al suo Fei, ai ricordi delle vite precedenti, al peso del destino, mettendo in atto una teatrale poetica incentrata sul dolore della perdita, una cosa che accomuna tutti gli attori tragici sul palco dell'esistenza. Le splendide musiche di Yasunori Mitsuda - il quale aveva già composto una colonna sonora capolavoro nell'epocale "Chrono Trigger" - coadiuvano il tutto astraendo "Xenogears" da ogni catalogazione - cosa che noterà altresì il creatore del gioco: - senza la sua colonna sonora - ammette Takahashi - "Xenogears" sarebbe stato molto inferiore al nostro obbiettivo. Il contributo di Mitsuda, che arriva addirittura a farsi ricoverare in ospedale per il troppo lavoro e a sognarsi le musiche la notte spinto dalle cupe suggestioni dell'opera, regala ai posteri una delle più belle colonne sonore mai sentite in un videogioco, delle BGM cariche di un fascino sinistro ed inaccessibile che riflette in pieno i misteri e le elecubrazioni ataviche, mitologiche, psicologiche e religiose di cui la magnum opus di Takahashi è infarcita - si pensi a "Omen", che mediante le sue suggestive note richiama l'ascesa dell'uomo nel reame di Dio (infatti è la BGM della Torre di Babele, un megalitico dungeon dall'evidente significato simbolico); oppure a "June Mermaid", la ballata di Emeralda e dei suoi trascorsi nell'apocalittica, triste e nostalgica Zeboim Era, nonché a "The One who is torn Apart", vero e proprio leit motiv della discesa cupa e irrazionale negli abissi dell'inconscio (non per nulla accompagna le entrate in scena di Id), e al divino, quasi sovrumano "One who Bares Fangs at God", brano dalle reminescenze shinto che rimanda alla danza delle divinità animiste nelle vastità del cosmo - ovviamente una BGM del genere apparirà nei battenti finali dell'opera, in cui s'inneggerà all'uomo-Dio e al misticismo più spinto e privo di compromessi, in parte inneggiante al sofisticato pensiero di Patañjali.  


Ormai, a questo punto, il gioco è uscito completamente dagli schemi: si è trasfomato, a detta stessa di Takahashi, in una sorta di "anime a tre dimensioni" che allo stesso tempo non è né completamente un anime, né completamente un videogioco. Detto questo, la parentesi in stile "visual novel" ad un certo punto si chiuderà, e quando il giocatore riprenderà il controllo del protagonista principale, come richiede la tradizione gundamica, assisterà ad un upgrade del suo robot da combattimento, il quale diventerà una maestosa arma che in parte rimanderà al God Gundam di "G Gundam" - opera che viene citata in più occasioni, una delle quali consiste nell'apparizione di un personaggio che ricorda moltissimo Master Asia. Forte di questa nuova risorsa, il "codardo" Fei accetta finalmente di combattere di sua volontà - ebbene sì, il protagonista sin dall'inizio della storia non ha mai desiderato veramente lottare: proprio come i suoi colleghi animati Amuro Rei e Shinji Ikari, Fei Fong Wong quando è possibile fugge da tutti, compreso sé stesso. 


La dimensione epica/robotica/esoterica/mistica/psicologica/teologica/filosofica del gioco scorre potente sino all'epilogo, senza forzature e buchi narrativi di sorta; la cosa che più stupisce è che tutto questo amalgama mantenga una coerenza di fondo mista ad un realismo ad esso antitetico, eppure allo stesso tempo complementare. Scene che presentano una Miang bidimensionale tutta pixel distesa tra le lenzuola del suo letto, che ha appena fatto realisticamente sesso con il suo fantoccio Ramsus, al fine di prevaricarlo e sottomerlo psicologicamente, rendono il tutto più "vivo", più "vero" e più adulto. Ad un apparato sentimentale trasognato tipico da shoujo manga macchiato di new age - in fondo "Xenogears" è stato concepito da una donna che certamente si sarà appassionata alle romance in stile "Boku no chikyū wo mamotte" che andavano di moda a quei tempi - si affianca una fenomenologia del rapporto con l'altro che attinge direttamente dall'esperienza di vita degli autori, dalle loro frustrazioni e delusioni. - I molti messaggi presenti nel gioco sono anche riflessioni sulla mia stessa vita. Detto questo, sono un essere umano egoista e quando creo dico soltanto quello che voglio dire - ammette Tetsuya Takahashi. 


Per quanto concerne gli aspetti tecnici, l'opera rimane entro gli standard del suo tempo senza sbilanciarsi troppo; lo stile grafico consiste in un'ambientazione a 3D in cui si muovono personaggi a 2D (proprio come in "Grandia" e "Persona 2"): l'esatto opposto di "Final Fantasy VII", insomma (da qui il nomignolo "Bizzarro FFVII" attribuito  a "Xenogears" in fase di lavorazione, a parte il già citato "Chrono Trigger II"). Gli scontri sui robot giganti à la "Gundam", invece, avvengono completamente in 3D, e ricalcano il sistema di combattimento tipico delle battaglie a piedi, basato su dei colpi a ripetizione che ricordano vagamente lo "Street Fighter II" che andava di moda a quei tempi. Ovviamente non mancheranno all'appello combo, colpi speciali, punti magia (l'ether, che tra l'altro viene addirittura giustificato dalla trama del gioco, cosa che non spesso accade nei videogiochi di ruolo) e tutti gli altri vari cliché a cui sono abituati i consumatori incalliti di jrpg. Certe volte ogni personaggio potrà salire sul suo mecha in battaglia; altre, invece, determinati avversari a piedi faranno a pezzi i robot del giocatore - di nuovo, "G Gundam" - tramite dragonballesche onde energetiche (!). Fatto salvo ciò, durante gli scontri contro i boss del gioco è difficile non farsi trasportare dalla sana epica dell'apposito tema musicale, nonché dalla stravaganza e dal fascino dei nemici, tutti presi di peso dall'immaginario otaku dagli anni sessanta ad oggi. Pertanto, nonostante i suoi inarrivabili meriti sostanziali, "Xenogears" si rivela altresì divertente ed avvincente, nonostante sia necessario fare della contestualizzazione quando ci si approccia a delle dinamiche di gioco appartenenti ad altri tempi e pertanto decisamente meno "user friendly" di quelle attuali - tapparsi il naso di fronte a degli elementi platform quantomeno stridenti con il resto del gameplay è un'altra condizione necessaria alla fruizione dell'opera. 


E' bene ricordare che a causa dei suoi contenuti "Xenogears" non è mai arrivato in Europa (nella rete esiste comunque una fan translation italiana), e che in America ha subito censure consistenti nello storpiamento di alcuni nomi - ciononostante il traduttore ha dichiarato di provare un grande rispetto per il gioco, e pertanto si è sforzato di rimanere fedele all'originale nei limiti delle imposizioni dovute al solito puritanesimo ottuso che tanto ha danneggiato i prodotti importati dal Giappone. Alla luce di quanto detto, in conclusione, mi preme sottolineare per fini sostanziali che quell'organizzazione che nell'edizione americana del gioco viene denominata "Ethos" invero corrisponde alla Chiesa di Roma, un'istituzione che in "Xenogears" - apparendo verosimilmente corrotta e retrograde - svolge un ruolo fondamentale, mettendo bene in chiaro il conflitto tra fede intesa come strumento di prevaricazione e consolidamento del potere, e pura autorealizzazione spirituale libera da condizionamenti, complessi d'inferiorità e sensi di colpa - la "Genealogia della Morale" di Nietzsche si fa sentire tra i rintocchi delle campane di Nisan, l'ipocrisia del clero e le contraddizioni insite nella cosiddetta "morale del gregge", che immancabilmente verrà trascesa da un oltreuomo a bordo del suo micidiale Gundam divino dalle angeliche ali di luce, che lo traghetteranno nei terribili abissi del dubbio, dell'incomprensione e del caos alla ricerca della suprema gioia del divenire.


NB: Quella di recensire un'opera come "Xenogears" è stata un'ambizione che covavo da molto tempo, rimasta per molti anni in sospeso a causa delle non trascurabili difficoltà intrinseche nell'affrontare in modo completo e puntuale un titolo del genere. Di certo, questo è il punto di arrivo di innumerevoli dibattiti, riflessioni e ricerche nella rete inerenti un'opera che è stata in grado - non vorrei sembrare esagerato - di sconvolgere la mia stessa vita - ebbene sì, giocai per la prima volta a "Xenogears" a quattordici anni, e ne rimasi profondamente colpito, tant'è che mi misi a studiare lo gnosticismo, la Kabbalah Ebraica e a rileggermi la Bibbia soltanto perché il gioco aveva aperto in me un'innata sete di conoscienza verso tutti i campi del sapere, e, sopratutto, verso la cultura che l'ha prodotto - ovvero quella giapponese, in particolare quella otaku. Ancora adesso, passati innumerevoli anni, sono qui ad analizzarlo e a parlarne, il che mi desta sempre un certo stupore. Se un videogioco è stato in grado di diventare un punto fermo nella vita di molte persone, allora significa che in esso c'è qualcosa di più rispetto agli altri videogiochi, oppure che alcuni prodotti di un media ritenuto di serie B dall'opinione pubblica e dalla società ignorante e superficiale, non siano poi così inferiori a determinati capolavori della letteratura o del cinema che vengono studiati nelle università. Ritornando al punto saliente della mia nota, desidero ringraziare revengerofdeath per avermi fornito l'incipit necessario alla creazione dello scritto e gran parte dei retroscena in esso presenti (verificabili con fonti annesse in questo saggio certamente interessante - ma assai ridondante nella forma e carico di inutili lungaggini - che con la qui presente recensione ho cercato di approfondire mediante le mie conoscenze rendendolo - almeno spero - meno prolisso). Altri retroscena invece sono stati attinti dal "Perfect Works" originale dell'opera (che tra l'altro fa parte della mia collezione privata), che si tratta di una lettura obbligatoria una volta concluso il gioco, in quanto ne illustra determinati risvolti e approfondimenti che avrebbero dovuto essere contenuti nel suddetto (su internet è possibile reperire la versione tradotta in inglese). Diciamo pure che il "Perfect Works" è un'opera complementare al gioco voluta dal suo stesso creatore, il quale vi ha riversato tutte le idee che non ha potuto sviluppare sotto forma di "anime a tre dimensioni". Perché in fondo diciamolo, "Xenogears" è una tipologia d'intrattenimento che trascende lo stesso concetto d'intrattenimento: quando il punto forte è la sostanza, la forma conta sino ad un certo punto.





















4 commenti:

  1. La recensione più completa e coerente in italiano su Xenogears trovata sul Web. Sono capitata qui poiché cercavo una recensione di Persona 2 Innocent Sin, che splendida scoperta! Io avviai anni fa il progetto di recensione di PW, abbandonandolo agli inizi per impegni personali, lasciando la palla ai ben più validi ragazzi che hanno curato l'opera omnia di traduzione amatoriale. Che dire, complimenti per questa recensione! Vi seguirò con piacere!!

    A presto,
    Elhaym1709

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Elhaym, grazie per il commento!(E complimenti per il nick)

      Xenogears per me è stato molto importante, dacché l'avevo vissuto da ragazzino (primo gioco importato dall'estero,e il PW fu il mio primo acquisto online).

      La cosa più bella forse è che sia stato scritto da marito e moglie, un po' come il colpo speciale di Domon e Rain in G Gundam, anime dal quale Xenogears riprende alcuni elementi :D

      Persona 2 l'ho anche recensito, ho tralasciato EP perché mi sembra molto un more of the same più adulto del primo gioco, che in sé aveva già tutti gli elementi di fascino della (vecchia) saga.

      Elimina
    2. Esattamente, Soraya Saga la seguivo anche su vari canali social. Il tocco femminile si sente, storie d'amore mature e realistiche da shoujo erano qualcosa di difficile da trovare nei JRPG pre-2000. Sicuramente fu un catalizzatore per me. Io ho conosciuto Xenogears relativamente tardi, nel 2008. Andavo a liceo e volevo recuperare la passione per i videogiochi che si era lentamente spenta a favore di altro. Da allora, non ho più posato il pad. Da lì ho scoperto SMT, Tales of, Dragon Quest, Grandia, Parasite Eve e così via. Ovviamente non potevo parlarne con le mie amiche coetanee così decisi di aprire un blog prima, un forum poi, su Xenogears. Il forum è ancora attivo, credo. Xenogears ha letteralmente cambiato la mia vita, grazie al titolo ho scelto Psicologia come facoltà universitaria. Ho provato ad approcciarmi agli altri titoli di Takahashi, ma nulla è riuscito a "bissare" la storia di Fei.

      Elimina
    3. Guarda, ti stimo moltissimo per questo percorso. A me è successa la stessa cosa, ma verso le medie. Vendetti una carta di Magic molto rara per comprarmi PS2 NTSC e iniziare a videogiocare cose come Lunar Silver Star Story, Chrono Cross, Trigger, SMT, Persona 2 ecc. Ma anche qui, Xenogears per me è stato impareggiabile, perché andava a toccare punti che mi stavano molto a cuore. MI ero addirittura infatuato di Kelvena (!)

      Agli inizi degli anni duemila anche io bazzicavo nei forum a tema (tra l'altro sarei curioso di vedere il tuo).

      Anche io avrei voluto fare psicologia sia per Xenogears che per Eva, ma poi la scelta ricadde su fisica (ho anche un dottorato in fisica e astronomia). Tra l'altro proprio opere come Nadia e Xenogears mi avevano trasmesso la fascinazione per la scienza, sia fanta che non fanta.

      Cmq sì, a livello di trama niente supera quest'opera. E' un grande totem della nostra generazione credo (io lo conobbi molto anzitempo perché era apparso un articolo sulla rivista PSM quando facevo prima media tipo: "la storia d'amore più profonda mai vista in un vg". Ok, mio).

      Elimina