domenica 22 marzo 2015

Infinite Ryvius: Recensione

 Titolo originale: Mugen no Ryvius
Titolo inglese: Infinite Ryvius
Regia: Gorou Taniguchi 
Soggetto originale: Hajime Yatate 
Sceneggiatura: Yōsuke Kuroda/Yuichiro Takeda
Mecha design: Kimitoshi Yamane 
Character Design: Hisashi Hirai 
Musiche: Katsuhisa Hattori 
 Studio: Sunrise/Bandai Visual
Formato: serie di 26 episodi
Anno di uscita: 1999


Immaginate di essere sperduti nello spazio, soltanto con qualche centinaio dei vostri simili. Dovete costruire una società partendo da zero, dacché, senza alcun controllo, immancabilmente il caos prende piede, sia nella vostra mente che nelle vostre interazioni con chi vi sta intorno. Individui differenti l'uno dall'altro, ognuno con i suoi lati oscuri nascosti da una maschera la quale, nei momenti più stressanti e densi di difficoltà, mostra alcuni segni di cedimento: e mentre sta per staccarsi, tra un sorriso falso e uno sguardo truce appena abbozzati, iniziano a subentrare gli istinti, le pulsioni aggressive, la ferocia, l'invidia, il fanatismo, l'incomprensione, il tormento interiore. Perché è inutile negarlo, la vera natura umana, quando si viene messi alle strette, si contorce all'interno delle proprie viscere con fare inquietante; e se ci si sforza di sopprimerla, essa diventa ancora più inarrestabile; non c'è alcuna via di scampo, quando non esiste alcun freno inibitore in grado di controllarla. E dopodiché, in modo molto simile ad un acuto e folle grido di terrore, essa fuoriesce; il male penetra nei rapporti interpersonali, nella società, nelle dinamiche che prima erano tenute sotto controllo da quell'indispensabile patto stipulato dall'uomo con le sue istituzioni, quegli organi sovrumani - ma allo stesso tempo fallaci, in quanto composti comunque da uomini - a cui un essere debole e inetto ha affidato il compito di proteggerlo da sé stesso.

La recensione di AkiraSakura


Non era raro nella seconda metà degli anni novanta imbattersi in anime complessi, dal grande valore artistico e dai risvolti alquanto profondi. Non è di certo un'eccezione il qui presente "Infinite Ryvius", tra l'altro uscito lo stesso anno di un altro caposaldo - altrettanto cupo e impegnato - degli anni novanta, lo scoinvolgente "Now and Then, Here and There" di Akitaro Daichi. In entrambe le opere - estremamente differenti tra loro - si percepiscono suggestioni tetre, opprimenti, ma allo stesso tempo armoniose nelle loro forme e contenuti. Contenuti che, in prima approssimazione, strizzano l'occhio al pensiero umanistico di Thomas Hobbes; per farla breve: Homo homini lupus.


Ma la mano di un emergente Goro Taniguchi ben si riguarda dal somministrare immediatamente allo spettatore un delirio di genuina follia coadiuvato da un viscido ed irrefrenabile teenage angst novantino. In principio, le vicende dei ragazzi sperduti in mezzo allo spazio a bordo di una misteriosa astronave trovata per caso saranno abbastanza banali e ordinarie: esattamente come accade nella principale fonte d'ispirazione dell'opera, "Il Signore delle Mosche" di Golding, la vita "nell'isola deserta" costituita dalla monolitica Ryvius scorre fluida e senza troppi intoppi; la degenerazione avviene lentamente, a piccole dosi. Seguendo concettualmente il suddetto capolavoro letterario, con grande maestria, il regista presenta una moltitudine di personaggi alquanto eterogenea, apparentemente solare e ordinaria; e poi, lentamente, con un accurato dosaggio dei tempi, man mano che il naufragar nello spazio senza la protezione di una società civile diventa sempre più snervante e angoscioso, s'incominciano a intravedere i primi barlumi di follia: delle tessere nel coloratissimo mosaico non s'incastrano più a dovere; e il caos, l'inettitudine e la paura prendono lentamente piede, sino ad esplodere nelle ultime sei puntate della serie.


Indubbiamente, questo "Infinite Ryvius", nonostante si faccia carico di raccapriccianti sviluppi psicologici, è anche un ottimo anime di fantascienza; ed è dotato una vera e propria trama che fa da filo conduttore alle vicende, perfettamente attinente ai vari topoi del genere. La storia avviene in un futuro in cui l'umanità sta addestrando in una stazione spaziale, il "Liebe Delta", i futuri colonizzatori dello spazio; colonizzatori i quali, ovviamente, saranno l'ultima speranza del genere umano minacciato dall'apocalisse (in questo caso un mare di plasma eruttato dal sole chiamato "Geduld"). Il giovane equipaggio del Ryvius - astronave rimasta nascosta nel "Liebe Delta" per motivi sconosciuti - in seguito ad un incidente nella stazione spaziale, si ritroverà quindi invischiato in una duplice morsa: dall'esterno sarà attaccato da ignote astronavi simili alla propria e inviate da misteriosi individui che tramano nell'ombra; e dall'interno dovrà fronteggiare la difficoltà di costruire dal nulla un sistema sociale in grado di tenere sotto controllo il lato oscuro dei membri dell'equipaggio. Si passerà da un'iniziale monarchia "illuminata" ad un'ambigua democrazia dilaniata dagli squilibri sociali, sino allo scoppio di una vera e propria dittatura di stampo pseudofascista, con tanto di squadre punitive, violenza, discriminazione, terrore psicologico. L'analisi di Taniguchi non è affatto semplicistica e si sofferma su determinati temi alquanto spinosi con innata naturalezza, dando adito a sottili, imparziali riflessioni prive di pregiudizi e stridenti moralismi (almeno sino al venticinquesimo episodio, ma di questo parlerò più avanti). Volendo fare un esempio calzante, la suddetta deriva violenta e assolutistica presa dall'autogoverno dei ragazzi del Ryvius non è indotta da un odioso superindividuo ambizioso e in grado di piegare autonomamente le masse al suo volere, ma è una misura disperata, "necessaria" a contenere le feroci pulsioni dei membri della microsocietà creatasi, nella quale non mancano fanatici religiosi che uccidono in nome di Dio, maniaci, psicolabili, picchiatori, inetti che scaricano le loro responsabilità sugli altri. Tutte tipologie di persone coinvolte in dinamiche sociali che tutt'oggi, nel mondo reale, confermano l'attualità e l'acume del capolavoro di Goro Taniguchi.


Una grande opera spesso lancia i suoi moniti attraverso molteplici linee differenti che si amalgamano tra loro a regola d'arte; in questo caso, a due linee - una prettamente fantascientifica e l'altra legata alla filosofia politica e alla natura umana - se ne sovrappone un'altra, quella caratterizzata dal microcosmo composto dalle curate psicologie dei personaggi principali della serie, dalle loro interazioni e dai loro trascorsi personali. La storia di "Infinite Ryvius" è anche quella di Kouji - il classico ragazzo giapponese chiuso in sé stesso, apatico e incapace di imporsi sugli altri a causa della sua debolezza e vigliaccheria - e di Yuki, il suo talentuoso fratello di minore, il quale lo odia a causa della sua inettitudine e che intende sottrarlo dalle attenzioni dell'amica d'infanzia Aoi, la classica "ragazza della porta accanto" che fa da ammortizzatore ad un violento rapporto fraterno. Attorno a questo instabile triangolo ruotano molte altre personalità ben delineate: la conturbante e impenetrabile Faina, classica "brava ragazza" di bell'aspetto amichevole e intelligente (almeno nell'apparenza); il carismatico teppista delle strade Ais Blue, capo di un gruppo di violenti punk disadattati e asociali; Juli Hana, il leader della squadra composta dagli studenti più brillanti del Liebe Delta, la quale tuttavia non possiede il carisma "primordiale" di cui necessita un vero leader. All'appello non mancano inoltre individui con vari tipi di complessi psicologici - si parla di incesto e di complesso di Edipo, ovviamente, come Freud insegna; freddi razionalisti i quali nel momento in cui avvengono fenomeni inspiegabili dalla logica si agitano e tremano dal terrore, perdendo istantaneamente il loro tanto millantato rigore; macchiette il cui scopo è alleggerire l'atmosfera tesa e cupa della serie, nonché misteriose entità sovrumane che si aggirano nei meandri più oscuri dell'astronave, facendo da "catalizzatore" delle umane emozioni con fare allucinato - la bizzarra Neya, la quale, col suo look stravagante e la sua espressione innocente, donerà allo spettatore splendidi monologhi inerenti la bellezza della vita in sé stessa, rivelandosi molto più assennata degli esseri umani. La particolarissima crescita interiore di Neya è alquanto commovente, e fornisce alla serie un'ulteriore, raffinato risvolto che apre la strada a nuove riflessioni.


Come molti dei suoi illustri colleghi novantini, "Infinite Ryvius" è altresì una storia di perdita dell'innocenza e di passaggio dall'adolescenza all'età adulta; questo cambiamento lo si percepisce sopratutto nella graduale maturazione di Kouji, percorso curato nei minimi dettagli e infarcito di riflessioni inerenti il peso del passato nella formazione della propria identità personale. La psicologia di Faina rappresenta il completo rigetto del proprio vissuto; interagendo con la suddetta, Kouji inizierà a meditare sull'accettazione dei propri dolorosi trascorsi, giungendo ad una conclusione che determinerà la sua simbolica maturazione. In un certo senso, la fuga dal passato di Faina è una sorta di escapismo, un continuo fuggire da sé stessi e dai propri simili; una cosa alquanto destabilizzante, che ovviamente verrà coadiuvata da turbe psicologiche e impulsi distruttivi.


Per quanto concerne il design e le animazioni, l'opera rientra perfettamente nei canoni della sua epoca; si osserva inoltre un certo virtuosismo registico - sfoggiato da Taniguchi sin dall'ottima sigla iniziale - che gestisce con molta disinvoltura una vasta moltitudine di personaggi e contenuti. Musicalmente, un concentrato di rap, hip-hop, rock, brani corali - la splendida "Yume Wo Sugitemo", fascinosa ed elegante canzone utilizzata nell'epica sigla di chiusura - fornisce un ottimo contrappunto all'espressività del regista. Il difetto principale della serie - tolta qualche imperfezione che non danneggia eccessivamente la resa del prodotto finale - è il suo ventiseiesimo episodio, un epilogo buonista, inutile, che di fatto rinnega completamente il finale del capolavoro di Golding, con il quale il vero finale della serie - mi riferisco a quello della venticinquesima puntata - ha molto in comune, dalle modalità di svolgimento al truce messaggio filosofico finale. Ergo, per chi scrive, "Infinite Ryvius" è una serie di venticinque episodi. Anzi, una grande serie di venticinque episodi.  

La recensione di Onizuka90


'Mugen no Ryvius' è uno dei primi lavori dell'ormai celebre regista Goro Taniguchi, noto per serie quali "Planetes"," Kidō butoden G Gundam" ed il recente "Code Geass: Lelouch of the ribellion". L'anime fu prodotto dallo studio Sunrise nell'ormai lontano 1999.
Andando a rovistare tra i titoli del passato può capitare la piacevole sorpresa d'imbattersi in opere veramente notevoli, che spesso passano ingiustamente inosservate; 'Infinite Ryvius' non costituisce un'eccezione a tale ingrata prassi, confermandosi come l'ennesima opera destinata ad un immeritato e perpetuo oblio.



Ma addentriamoci nell'analisi di questa serie partendo da un breve accenno alla trama. In un lontano futuro, approssimativamente attorno al 2225, un'improvvisa e quantomai violenta fiammata solare da vita ad uno strano fenomeno astronomico senza precedenti: il "Geduld". Si tratta di una zona dello spazio, che si dirama attraverso l'intero sistema solare, più densa e costellata da polveri cosmiche, presentante una considerevole forza gravitazionale; caratteristica che la rende temibile e pericolosa, poiché le navi che vengono inghiottite al suo interno rischiano di collassare a cagione del forte campo magnetico e dell'incredibile pressione a cui sono sottoposte.
Il progresso, nel frattempo, ha permesso all'uomo di colonizzare i pianeti del sistema solare diffondendo la civiltà nello spazio più profondo, malgrado i ragguardevoli rischi che il sopracitato fenomeno comporta. In questo scenario fantascientifico prendono vita le vicende degli studenti dell'accademia per piloti "Liebe Delta".
In seguito a un incidente di natura dolosa, la stazione orbitante cambia la sua rotta e inizia un'inesorabile discesa nel "Geduld"; il corpo d'insegnanti, con un estremo sacrificio, permette alla maggior parte degli studenti di salvarsi, fuggendo dalla fatale attrazione gravitazionale a bordo del Ryvius, astronave nascosta all'interno della struttura. In tal modo esordisce l'interminabile e tragica odissea di questo sparuto gruppo di ragazzi, alla deriva nello spazio. 



Il complesso intreccio, la cui base si fonda su non molto originali complotti di fantapolitica legati al destino dell'umanità, risulta essere piacevole ma abbastanza scontato e lineare, costellato di misteri che rimarranno per lo più irrisolti, fino a sfociare in un finale piuttosto confusionario.
L'elemento che desta maggior interesse, tuttavia, non è costituito tanto dalla trama fantascientifica, quanto dall'interessante microcosmo che si viene a formare sulla nave, una sorta di curioso esperimento sociologico dai risvolti impensabili. I giovani studenti infatti, abbandonati a loro stessi, privati di un nucleo familiare e di una società organizzata, sono costretti a formare una loro micro-società all'interno della nave, per potere coesistere gli uni con gli altri e sopravvivere. 



Si attua così una sorta di emulazione di una società vera, in cui si creano gerarchie e istituzioni fittizie e autolegittimate per dare ordine e disciplina al corpo sociale; si stabiliscono ruoli e compiti in modo che ognuno possa collaborare per il bene della collettività. Tuttavia il passaggio dallo "stato di natura" allo "stato civile" si rivela tutt'altro che immediato, l'equilibrio precario viene continuamente sovvertito e il sistema degenera inevitabilmente a causa della condizione di forzata convivenza di così tante persone in un ambiente oltremodo angusto, esasperate dal comune senso d'incertezza riguardo al futuro, nell'attesa di aiuti che non arriveranno mai. La reazione dell'essere umano in una situazione di così estrema pressione psicologica e di graduale disperazione palesa la sua natura egoistica e malvagia, sfociando in comportamenti brutali e insensati, in perfetto accordo con l'espressione hobbesiana "Homo homini lupus". Incapaci di potere fare null'altro che esistere, i ragazzi fuggono dalla realtà senza speranza in cui si ritrovano, gradatamente il disordine e l'indisciplina cominciano a imporsi, rendendo necessaria l'evoluzione del sistema sociale, da iniziale democrazia fino a sconfinare nell'assolutismo e nel terrorismo psicologico.



Egregia da questo punto di vita la caratterizzazione dei personaggi, un cast estremamente vasto ed eterogeneo che risulta particolarmente accurato e credibile, in quanto ognuno ha una propria personalità, fatta di debolezze e pregi che verranno a galla nello scontrarsi con il prossimo e con le difficoltà del viaggio, in particolare nei momenti di confronto bellico con i nemici. Ognuno assume atteggiamenti diversi, vi è chi rimane fedelmente ancorato ai propri ideali, chi cerca la propria via dandosi da fare per risolvere la situazione, chi opta per l'indifferenza e vive alla giornata, chi sfrutta l'occasione per i propri egoismo e interessi, delineando così il pallido riflesso di una piccola società.
In questo modo, gettati in una realtà crudele, senza tutela familiare e civile, ove di sovente la legge viene dettata dal più forte e dilagano bullismo e violenza, i ragazzi saranno costretti a maturare e crescere, a perdere repentinamente l'innocenza e l'ingenuità che li contraddistingue per doversi adattare a un mondo tutt'altro che ospitale ma reale; conosceranno così la vera disperazione, il vero amore, il vero odio, la vera paura, la vera solidarietà, la vera invidia, la vera carità, il sapore amaro del tradimento. Poiché veri sono i sentimenti e le emozioni che traspaiono dalle vicende, vera è la terribile realtà che li circonda, vere sono le responsabilità che si devono assumere. 



Si evince quindi una condizione pessimistica della natura umana, come scrisse Golding: L'uomo produce il male come le api producono il miele. Senza i freni imposti da una consapevole società adulta l'uomo mostra il lato peggiore di sé, ma forse quello più vero e sincero, l'istinto animale che prevarica sulla razionalità, portando a comportamenti illogici e insensati.
Purtroppo il finale sfocia in lidi più dolci di quelli che faceva presagire il regime della serie, concludendo con un voltafaccia piuttosto plateale le vicende e proponendo una redenzione improvvisa e un lieto fine a mio avviso leggermente forzato, fiducioso nella capacità dell'uomo di risollevarsi dalle difficoltà.



Infinite Ryvius è dunque un'opera seria, che però presenta delle pecche e dei difetti, soprattutto nella risoluzione della psicologia di alcuni personaggi, in primo luogo Faina, che nel penultimo episodio mostra in ultima analisi una totale incoerenza, e una forzata reazione alle parole di Kouji.
I momenti di combattimento sono spesso lunghi e farraginosi, segnati da interminabili sequenze in cui si utilizzano termini pseudoscientifici per descrivere le azioni di navigazione della nave e dei macchinari. A mio avviso se si fosse snellito la parte fantascientifica, magari dandole più coerenza, il risultato sarebbe stato migliore, poiché l'aspetto più interessante è quello sul versante psicologico e non d'azione.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, l'animazione è discreta e la regia molto buona, le musiche non sono state di mio gradimento a parte rare eccezioni. Il chara design è tipicamente in stile anni '90 e si rivela efficace e piacevole, sebbene non venga garantita una costante qualità per tutti gli episodi. 



Per concludere, consiglio a tutti la visione di questa serie, si tratta di un titolo molto originale e interessante che poco ha da spartire con l'immondizia che ci viene propinata oggigiorno, offrendo una buona commistione tra momenti adrenalinici e di riflessione in un amalgama non sempre coerente ma sicuramente di grande effetto. Buona visione.













Nessun commento:

Posta un commento