venerdì 19 settembre 2014

Iczer One: Recensione

 Titolo originale: Tatakae! Iczer-1
Regia: Toshihiro Hirano (Toshiki Hirano)
Soggetto & sceneggiatura: Toshihiro Hirano (basato sul suo fumetto originale)
Character Design: Toshihiro Hirano
Mechanical Design: Masami Obari
Monster Design: Junichi Watanabe
Musiche: Michiaki Watanabe
Studio: AIC
Formato: serie OVA di 3 episodi
Anni di uscita: 1985 - 1987


Indubbiamente "Iczer One" ha fatto scuola. Concepito interamente da Toshiki Hirano, animatore e character designer di grande rilievo negli anni '80 ("Megazone 23", "Dangaioh"), questa miniserie di tre OAV, assieme al contemporaneo "Megazone 23", segue perfettamente la moda lanciata da "Macross" aggiornandola per l'home video. In Giappone, dal 1985 in poi, venivano sfornati molti OAV di questo tipo, prodotti destinati ad un gruppo ristretto di otaku interessati esclusivamente ad aspetti tecnici quali design, animazioni, musiche, cliché fantascientifici fini a sé stessi e non necessariamente legati ad una struttura narrativa coerente. Dopo il successo del film di "Macross: Do You Remember Love?" del 1984, gli otaku creatori e consumatori di anime vennero dirottati nel mercato OAV, e soltanto con l'arrivo di "Evangelion", serie la quale chiuderà il percorso di "canonizzazione" del fenomeno otaku indotto da "Macross" e dal qui presente "Iczer One", gli otaku potranno godere di una fascia serale adibita esclusivamente a loro uso e consumo.


La prima cosa che si osserva guardando "Iczer One", oltre alla sua notevole perizia tecnica, è l'ottimo design, spigoloso come quello degli anni novanta e allo stesso tempo dettagliato come quello degli anni ottanta. I mecha sono robot organici, con tanto di interiora che schizzano copiosamente fuori dalla corazza quando vengono distrutti, e sono dotati di un "entry plug" pieno di liquido amniotico in cui il pilota (o meglio le pilote, possibilmente nude) può respirare. Indubbiamente "Evangelion" cita molto "Iczer One", sopratutto nel design delle unità Eva e del quartiere generale della Nerv (la piramidona nera); nelle numerose scene in cui Rei Ayanami se ne sta "sottaceto" nella capsula di vetro cilindrica del cosiddetto "Dummy System"; addirittura nel design degli ambienti urbani. Questo fatto mette in evidenza come Hideaki Anno con la sua opera intendesse rivolgersi principalmente agli otaku di seconda generazione, che consumavano OAV di questo tipo.


Con molta disinvoltura "Iczer One" mescola horror, splatter, mecha, superpoteri, dark sci-fi, ecchi; tuttavia queste commistioni funzionano solamente trascurando la trama, il vero grande punto debole dell'opera. Punto debole che viene indubbiamente compensato da possenti musiche dal fascino epico, scene d'azione perfette, coleografie stupefacenti, ambientazioni cupe e angosciose, con tanto di abominevoli mostri tentacolari e raccapriccianti orrori da incubo. L'opera è molto carismatica nel suo volersi destreggiare tra combattimenti robotici d'alto livello, supercomputers senzienti e piccoli drammi familiari - come direbbe il titolo di un brano della OST, "My sister - My enemy" -. Inoltre, il dolce ed elegante tratto di Toshiki Hirano fornisce ai personaggi un grande fascino senza tempo.


Una nota di merito va al finale, molto bello e nella perfetta tradizione "reset the world" che andrà molto di moda negli anni novanta; non a caso mi ha ricordato moltissimo quello di "serial experiments lain", uno dei capisaldi cyberpunk del decennio successivo. Evidentemente Hideaki Anno e Chiaki J.Konaka avevano aprezzato molto "Iczer One", studiandolo scena per scena.
Insomma, "Iczer One" non è soltanto uno dei migliori OAV per otaku degli anni ottanta, è anche un'opera che è stata in grado di influenzare parecchie produzioni successive, guadagnandosi un posto di tutto rispetto nella storia dell'animazione giapponese.
















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