sabato 12 aprile 2014

Lei, l'Arma Finale (Saikano): Recensione

 Titolo originale: Saishu Heiki Kanojo/Saikano: The last love song on this little planet

 Titolo inglese: She, the Ultimate Weapon  

Autore: Shin Takahashi

 Tipologia: Seinen Manga 

 Edizione italiana: Planet manga (fuori catalogo)

Volumi:7  

Anno di uscita:2000



Amore e morte. È questa la dicotomia che regola "Lei l'arma finale", aka "Saikano", oppure "The Last Love Song on this Little Planet". Si tratta di un manga nicchia, ormai fuori catalogo e ignorato dai più a causa della sua forte carica anomala. Un titolo molto riflessivo, deprimente, pessimista, tragico. Una lettura pesante, in grado di colpire profondamente i lettori più sensibili. Una vera e propria storia d'amore maledetta, con tanto di climax apocalittico e finale annichilente.

L'opinione di AkiraSakura 


Dopo la rivoluzione portata da "Evangelion", molti anime e manga a lui successivi mettevano in primo piano l'introspezione psicologica e il flusso di coscienza dei personaggi, spesso e volentieri decostruendo un determinato genere di partenza. Infatti, sebbene sia catalogato come un seinen, "Saikano" è a tutti gli effetti una decostruzione del genere shojo: inizia come un manga per ragazze qualsiasi, con turbe amorose adolescenziali, spaccacoppia, e altri cliché del genere; tuttavia, fin dal primo numero, un alone inquietante di mistero, unito a una raffigurazione realistica e brutale della guerra, ne rompono gli stereotipi: la ragazza di Shu, Chise, è l'arma finale, una vera e propria bomba ad orologeria la cui potenza cresce a dismisura nel corso della storia; ella diventa via via sempre più meccanica, spietata, crudele, tant'è che verrà addirittura ribattezzata "dea della morte" dai soldati. Tuttavia Shu la ama, vuole fare sesso con lei, vuole avere una relazione normale - e questo genererà sofferenze su sofferenze, incomprensioni, eventi raccapriccianti, tragedie di vario tipo.


Il design scelto da Shin Takahashi per la sua opera è volutamente minimalista, essenziale. Questo fatto contribuisce a mettere in primo piano il flusso di coscienza dei protagonisti, le loro riflessioni, i loro lancinanti turbamenti esistenziali: addirittura molte pagine saranno completamente bianche o completamente nere, in modo da lasciare tutto lo spazio alle riflessioni dei personaggi poste al centro di esse. Uno dei temi chiave del manga è proprio l'inganno della memoria, la reminescenza di qualche evento del passato che si cancella con lo scorrere del tempo, con il cambiamento delle persone - e qui non posso non citare la vicenda della sempai Fuyumi, il primo amore di Shu, che sembra, più che un evento accaduto realmente, un vago ricordo, un archetipo perso nei meandri oscuri dell'inconscio del protagonista.


Come succedeva in "Evangelion", anche in "Saikano" la trama viene accantonata per lasciar spazio alla psicologia dei personaggi: non conosceremo mai la vera natura del corpo di Chise, oppure come le forze di autodifesa abbiano fatto a trasformarlo nell'arma finale in grado di distruggere intere città con la sola forza del pensiero. Indubbiamente gli echi della tragedia nucleare di Hiroshima e Nagasaki sono ancora ben impressi nella mente dei giapponesi, così come il timore e l'ambivalenza nei confronti della scienza, che qui, come in molti altri anime e manga, viene rappresentata come una forza oscura e imprevedibile, ignota e spaventevole, allo stesso modo di una sorta di divinità impersonale che non si cura delle sorti dell'umanità (e qui non posso non citare "Ideon").
Ritornando a parlare del corpo di Chise, esso, nelle sue continue e raccapriccianti mutazioni, genera nella protagonista un forte rigetto psicologico; ella non accetta se stessa, in quanto si sente mostruosa, brutta, incapace, stupida; l'introversione di Shu inoltre non aiuta la poveretta, dilaniata brutalmente sia dall'interno che dall'esterno. Ci vorranno tante sofferenze e tante incomprensioni per riuscire a comunicare, a superare quei problemi di mancanza di comunicazione che una società troppo complessa e in perenne conflitto va a creare. Quando la comunicazione tra i due incomincerà a nascere, non sarà ormai troppo tardi? Il destino di un'umanità schiava dei propri errori non sarà ormai segnato?


Tutto cambia, tutto scorre. Cosa rimarrà di noi stessi, una volta terminato il nostro cambiamento? Questa è la grande metafora del manga, che offre molteplici spunti di riflessione su tematiche molto attuali. Il cambiamento di Shu, oppure quello ancora più evidente di Chise, sono delle metafore della nostra crescita: in fondo anche noi, che nasciamo innocenti, puri, con quell'idealità tipica dell'infanzia, crescendo non diventiamo che delle grige armi finali senza emozioni, che distruggono tutto quello che trovano, incurananti della purezza dei tempi che furono? Forse è la nostra società, con le sue istituzioni, i suoi eserciti, i suoi giochi di potere e il suo folle mito dell'immortalità che ci trasforma, esattamente come le forze di autodifesa hanno trasformato Chise? Il messaggio dell'autore di "Saikano" è molto chiaro, e non posso che condividerlo.


In conclusione, spero di aver reso l'idea del tipo di lettura che è "Saikano". Indubbiamente il manga non è esente da difetti: il più marcato è un generale sbilanciamento nella gestione delle gag comiche nei primi due/tre volumi, che spesso stonano con le riflessioni dei protagonisti e con il climax serioso dell'opera. Tuttavia, una volta rotto definitivamente il camuffamento shojo, anche le gag spariscono e lasciano spazio al dramma. Questo succedeva anche in "Evangelion", seppure in modo meglio gestito, in quanto la prima parte era molto più lenta e leggera della seconda, quella in cui il genere veniva decostruito completamente e la psicologia dei personaggi, l'esistenzialismo e la tragedia finivano in primo piano a discapito di tutto il resto. Sconsiglio fortemente la visione dell'omonimo anime e del film, che ritengo trascurabili e nettamente inferiori al manga originale.

L'opinione di Onizuka90

"Lei, l'arma finale", altrimenti conosciuto come "Saikano" tra i fan, è a mio avviso uno di quei pochi fumetti per i quali vale davvero l'espressione "o si ama o si odia". Non penso che vi possano essere mezze misure per apprezzare un'opera tanto particolare, chi non riesce ad entrare nella sua prospettiva e poetica rimarrà probabilmente disgustato dal profondo pessimismo che grava sulle vicende e sommamente insoddisfatto dalla quasi totale mancanza di spiegazioni circa retroscena, anche peculiari, inerenti alla trama che rimangono avvolti nel mistero. Inoltre il regime spesso romantico e alle volte quasi melenso e strappalacrime potrebbe far storcere il naso a più di qualcuno; così come il disegno impreciso e "grossolano" che tuttavia si adatta alla perfezione per narrare queste amare vicende. Andiamo però con ordine e accingiamoci alla nostra disamina di questo titolo così unico.


"The last love song on this little planet" è un sottotitolo quantomai calzante, e altresì costituisce un buon elemento per inquadrare l'opera: quella descritta in questi sette volumi infatti non si configura come una semplice storia d'amore uguale a tante altre, ciò che si fa oggetto della narrazione è La storia d'amore, ovvero l'idealizzazione estrema di questo topos portato alle sue più profonde conseguenze e considerazioni, con l'aggiunta di una profumata goccia di esistenzialismo. Ad onor del vero le vicende che riguardano Shu e Chise esordiscono in modo non molto diverso da altre possibili esperienze sentimentali comuni ai giovani, salvo poi svilupparsi in modo del tutto inaspettato.


Con un certo realismo si palesa, attraverso gli occhi del protagonista, la banalità e fiacchezza di una noiosa esistenza sempre uguale a se stessa, la vita semplice e ripetitiva di due studenti come tanti altri in un paese di periferia, priva di stimoli e prospettive. Si percepisce il desiderio che qualche evento increspi questa mortificante monotonia portando un salutare brio, una ventata d'aria fresca, la speranza della felicità e di un futuro. Da tali premesse si evolve ben presto, in modo del tutto inaspettato, una narrazione sempre più crudele e dai risvolti tragici, che via via estromette senza mezzi termini il realismo fattuale per dedicarsi ad una trattazione poetica ed emotiva, in particolare attraverso intimi, lunghi e alquanto sofferti monologhi. Saikano è equiparabile ad un fulmine a ciel sereno: può scuotere e sorprendere anche la più robusta delle querce. La sua peculiarità è quella di denudare i pensieri dei personaggi, le loro aspettative e desideri più intimi, ponendoli inanzi alla loro piccolezza ed impotenza, descrivendo le loro continue fughe dai problemi, narrandone i dolori e le incertezze, ma non dimenticando le piccole soddisfazioni e vittorie. Si arriva così a dipingere un affresco eterogeneo e coinvolgente, ricco di sfumature e di vicende.


Torniamo però al discorso che precipuamente ci interessa: il desiderio di un mutamento, dicevamo, questo però, quando infine giunge, non è mai ciò cui si è tanto anelato, l'introduzione della guerra serve proprio a rimarcare questa profonda disillusione. Dei suoi retroscena e degli aspetti diplomatici non si sa nulla, essa è narrata dal punto di vista di chi vi è dentro e ciò la rende ancora più terrificante e realistica. Il dramma del conflitto armato viene vissuto concretamente, direttamente, attraverso l'incertezza di essere in un posto sicuro, la distruzione della propria quotidianità, il terrore di scorgere degli aerei che si avvicinano, la morte delle persone a noi care, la povertà, il diffondersi incontrollato delle voci che narrano di terribili tragedie consumatesi non molto distante, e che preannunciano un infausto destino. Ponendo ostacoli insormontabili alla realizzazione della felicità il fato si fa beffe dell'umana condizione, che si palesa come un qualcosa di estremamente fragile e contraddittorio; confinati in questo piccolo ed insignificante "pianeta" gli esseri umani non possono fare altro che combattersi per vivere.


Shu, dopo il suo tergiversare ed infine accettare l'amore per Chise (e di Chise), rimane disperatamente aggrappato alla propria ostinazione e al proprio sentimento, in modo esasperato, in balia degli eventi, così come l'umanità rimane aggrappata ad un esile ciuffo d'erba mentre sta precipitando da una scogliera che si erge sul mare in tempesta. Non si può rinunciare ai propri sentimenti ed emozioni, ci si rifiuta, fino all'ultimo, di accettare l'insensatezza dell'esistenza, combattendo per sopravvivere di fronte ad un mondo ormai in rovina, si resiste amando, soffrendo, piangendo, urlando, esistendo con tutto se stessi, ma invano, questa è la crudele realtà. Nonostante si sappia che quel ciuffo d'erba non sarà sufficiente per evitare la caduta, si cerca di afferrarlo lo stesso, perché non si può fare altrimenti. Si evince così una sfiducia pressoché totale nelle potenzialità dell'uomo, incapace di redimersi e destinato a distruggersi con le proprie mani.


All'interno di questo contesto si fa strada la progressiva de-umanizzazione di Chise. Si tace sulle premesse che l'hanno portata a diventare un'arma, e si tace anche riguardo alla sua vera natura e potenzialità, non è questo ciò che importa. Ciò che ha rilevanza invece è il suo essere, che viene sempre più spersonalizzato e meccanizzato, il suo diventare uno strumento (di morte) cosciente di essere tale, e del suo fine. Ah! che dannazione questa coscienza! Fa si che l'uomo sia al corrente della propria condizione e del proprio peccato, e della sofferenza che porta tanto a se stesso quanto agli altri, tanto che si potrebbe arrivare a voler fare a meno di tale coscienza, ma non si può: i sentimenti gridano allo spasimo dell'autoaffermazione, l'anima anela all'esistenza e alla vita. Così l'amore è l'unico appiglio che rimane a Chise per ricordare se stessa, e Shu di conseguenza diventa il suo custode, i loro momenti assieme attimi di peritura felicità nel mezzo della tempesta. Alla fine, tuttavia, nemmeno l'amore è abbastanza, lei non può portarne in grembo il frutto e ciò che rimane è solo disperazione e sconfitta. Chise diventa quasi l'araldo di questa sofferenza, di questo dolore, e si fa carico di portare la distruzione nel mondo, per amore, per poter permettere agli uomini di smettere, finalmente, di soffrire. Una Dea che conduce all'oblio di tutte le cose, per imporre una conclusione a questa dolorosa ed insensata follia che chiamiamo vita, per rimanere poi come ultima testimone di ciò che l'uomo fu. Lei, un'arma creata dall'uomo, ma un'arma che è stata in grado di amare, resa un'epigrafe eterna per non dimenticare quell'amore così dolce che le forniva speranza, quel ciuffo d'erba che vuole imporre un senso alle cose e cui disperatamente aggrapparsi invano.

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