venerdì 18 aprile 2014

Aria: Recensione

 Titolo originale: Aria

Titolo inglese: Aria

Autore: Kozue Amano

Tipologia: Shounen (Iyashikei)

Edizione italiana: Star Comics 

Volumi: 12

Anno di uscita: 2002 



Aqua è un sogno, un'utopia, un luogo dove né cattivi sentimenti né meschinità sono di casa, un posto solare e pieno di prospettive, di placida quiete e di serenità. La vita su questo pianeta rappresenta un "negativo", un capovolgimento, del suo parallelo terrestre. Dicotomia messa in rilievo in più di un'occasione dalla protagonista stessa quando ricorda di come la sua vita laggiù fosse stata molto diversa, più movimentata, ma anche più stressante. La città di Neo Venezia è al contrario una sorta di Eden incontaminato, un mondo parallelo al di fuori del tempo, un ambiente dal sapore retrò che si fonde tuttavia con elementi fantascientifici, una coniugio di due cardini dissonanti ma che si compenetrano con sottigliezza ed eleganza.
La spiegazione di alcuni di questi elementi "futuristici" sarà oggetto di diversi archi narrativi, ed occasione di stupore per la nostra protagonista, Akari, immersa in questo nuovo mondo per lei totalmente nuovo.


Akari si è trasferita a Neo-Venezia spinta dal sogno di diventare Undine, una sorta di guida turistica che trasporta i suoi passeggeri sulle gondole, imbarcazioni tipicamente veneziane. L'ambientazione viene descritta ampiamente e in modo particolareggiato grazie alla composizione di innumerevoli dettagli: a partire dal sistema per distribuire la posta, fino ad arrivare al meccanismo con cui si mantiene stabile il clima. Si dedica inoltre molta attenzione alla tradizione e ai molteplici aspetti della cultura Veneziana, cui si ispirano interi capitoli. Così, ad esempio, assisteremo ad un magico carnevale, alla Vogalonga, e alla celebrazione di altre festività caratteristiche (e non). Considerevole anche il ruolo giocato da certe leggende e misteri che circolano per la città; essi verranno presi come soggetto centrale per alcune delle vicende e ciò contribuirà molto a rendere l'atmosfera, semplice e quotidiana, venata da un particolare retrogusto sovrannaturale.


L'atmosfera è trasognata ed assorta, a tratti anche onirica; si rimane come incantati dalla magia che le tavole di Kozue Amano riescono ad evocare. In particolare i paesaggi sono resi superbamente, attraverso magistrali giochi di luce e (nelle illustrazioni) di colori mozzafiato. Lo spirare del vento tra i capelli, la luce del tramonto, il cielo che si riflette sullo specchio dell'acqua, le foglie autunnali che turbinano sollevate da una folata, sono solo alcuni degli elementi che sembrano quasi tangibili tanto sono vividi. L'estetica di Aria fa parte integrante dell'opera, ed è una delle caratteristiche che la rendono una lettura davvero unica, rilassante e piacevole, quasi un sogno ad occhi aperti in un insonnolito pomeriggio estivo dal quale è difficile svegliarsi. Abbiamo di fronte un'opera che ispira all'animo tranquillità e letizia, mettendo a proprio agio il lettore, prendendolo gentilmente per mano per accompagnarlo in un viaggio la cui meta è non la scoperta di un nuovo mondo, ma la riscoperta del mondo o, se vogliamo, la scoperta di un nuovo modo di vedere le cose.


Aria trabocca di una filosofia tutta sua, forse non davvero originale, tuttavia non è il "cosa", ma il "come" che viene in rilievo in questo tipo di opere. L'autrice si dimostra capace di una elegante e raffinata comunicazione, il suo modo di narrare, delicato e dolce, ha la peculiarità di far si che tutto ciò che avviene, ogni singolo accadimento quotidiano, assuma un fascino ed una luce particolari. La normalità, la vita di tutti i giorni, diventa il teatro in cui viene messa in scena la ricerca della felicità, una felicità che inaspettatamente erompe dalle cose che solitamente si reputano insignificanti, banali, prive di valore. Questo riesce molto bene ad Akari, la protagonista, che è in grado di scovare e di fare emergere il lato inusuale, stimolante e piacevole di ogni cosa e situazione. Anche il dovere aspettare per una giornata intera una persona che poi, alla fine, non si presenterà, diventa qualcosa di attraente. Si trasfigura persino in una bellissima esperienza, se viene visto attraverso gli occhi giusti. L'uomo insegue la felicità, ma non si pone mai la domanda: "cosa significa essere felici?", non ne ha il tempo, perché appunto deve sbrigarsi a diventare felice, ciò è ancora più vero nel contesto della frenetica e consumistica società moderna, dove le persone sono abituate ad assuefarsi al piacere e ad ingigantire il dolore. Più in generale, ci si abitua velocemente alle cose che ci circondano, finendo per darle per scontate: i dettagli e le sfumature del mondo ci appaiono prima grigi, poi trasparenti per l'abitudine, la ripetizione meccanica della medesima, asfissiante, routine. Il segreto di Akari è il saper vedere ogni giorno lo stesso paesaggio, la stessa strada, la stessa stanza, e rimanerne incantata come se fosse la prima volta. Perché ad ogni nuovo sguardo si possono notare aspetti che erano sfuggiti in precedenza, ogni nuova esperienza porta con sé qualcosa di inaspettato, che getta una luce diversa sugli avvenimenti e tinge il mondo di nuove tonalità.


La risposta di Akari è che la felicità si trova ovunque, in ogni posto e in ogni luogo, in ogni situazione e in ogni evento, in ogni porto, in ogni strada, in ogni casa e in ogni città. Perché la felicità è uno stato interiore che dipende dalla persona, è un qualcosa che non possiamo che apprezzare, in primo luogo, da noi stessi. Il modo di vedere il mondo cambia a seconda di come il nostro animo è disposto a riceverlo. Sebbene talvolta la felicità ci sia così vicina quasi da poterla toccare, spesso non riusciamo a vederla e a esserne consapevoli, essa è trasparente come il vetro. Ciò può diventare forse più chiaro con la vicenda della mano sinistra, che incarna la filosofia dell'intera opera. La mano sinistra è davvero un'incapace, non riesce a scrivere, non riesce a impugnare la forchetta (o le bacchette) per mangiare, non riesce a compiere tantissimi altri gesti che invece la destra assolve senza sforzo. La mano sinistra, insomma, è davvero goffa ed impacciata, un totale fallimento, come potrebbe essere apprezzata? Non riuscirà mai a compiere i prodigi della sorella. Nondimeno, ciò che talvolta non si nota, e a cui non si da importanza, è che se la destra scrive, la sinistra tiene fermo il foglio, se la destra prende il cibo, la sinistra sorregge il piatto da cui si mangia e così via, essa adempie ad una serie di funzioni altrettanto importanti ma a cui normalmente non si da peso. L'abitudine ci può rendere ciechi, anche verso la nostra stessa cecità. E questo vale in tutti i campi, anche e soprattutto in quello cognitivo.
Uno dei temi principali, ma che emerge veramente solo verso la conclusione, è poi il ruolo del cambiamento. Il cambiamento viene visto come un processo doloroso, il cambiamento distrugge la situazione precedente per portare ad una nuova condizione, ma è proprio il movimento del divenire e l'evolversi delle situazioni a rendere il mondo così interessante e pieno di prospettive. Non ha alcun senso disperarsi per quello che si è perduto, ogni fine è un nuovo inizio, ogni "The End" è il principio di una nuova storia. Questo gioco, questa ruota che gira, ma che tuttavia non si ripete mai in modo uguale poiché innumerevoli dettagli mutano continuamente, fa parte della vita, ne è una parte sostanziale.


Per concludere, Aria a mio avviso è un'opera da leggere. A prima vista sembra qualcosa di banale, che parla di un tema ormai trito, o dato per ovvio. Tuttavia penso meriti una possibilità. Probabilmente si tratta di un manga che non è in grado di soddisfare tutti, non si rivolge di certo ad un pubblico generalista, è troppo intimo e particolare. Aria è un'esperienza da vivere, da assaporare pagina dopo pagina, arco dopo arco, con occhi sempre nuovi. Molti lo troveranno noioso, facilmente altrettanti lo troveranno vuoto, per quanto mi riguarda è semplicemente uno dei miei manga preferiti.

1 commento:

  1. L'ho finito di leggere qualche giorno fa. Molto bello, più che un “manga consolatorio” (genere che esiste veramente in Giappone, la cui utilità è proprio quella di “consolare” i poveri salaryman asfissiati dai frenetici ritmi lavorativi a cui sono sottoposti) è un invito molto gentile e catartico a prendere le cose per quello che sono, un elogio della semplicità in una splendida “nuova” Venezia – è sempre un piacere vedere l'apprezzamento che i giapponesi nutrono per il patrimonio culturale italiano.

    Il "negativo" va accettato e amato allo stesso modo del "positivo"; l'uomo è "narcisista" perché non accetta lo scorrere ed il mutare repentino delle cose (il capitolo sulle due bambole nell'ultimo volume, nelle quali esse rappresentano il rifiuto dell'impermanenza tipico degli esseri umani); la felicità è nelle piccole cose quotidiane e non bisogna mai forzare ciò che ci circonda, ma prenderlo "al femminile", ovvero lasciandosi trasportare dal flusso impercettibile che lo anima (infatti le protagoniste sono tutte femmine, guidano le gondole e la figura maschile viene messa in secondo piano o resa "impotente", si pensi al direttore Aria o ai pochi personaggi maschili rappresentati quasi sempre in stile super deformed). Tutto ciò s'incastra a meraviglia con la metafora della crescita: l'Undine di livello più basso deve indossare due guanti, quella di livello intermedio un guanto solo e quella esperta/adulta può vogare a mani nude – questo perché, una volta raggiunta la perfezione, è possibile muovere la gondola con il minimo sforzo, senza procurarsi i calli alle mani. Si tratta di una crescita spirituale in piena regola: il grado più alto dell'illuminazione, in Aria, è proprio l'unirsi al flusso delle cose senza contrastarlo, ma accarezzandolo e dirigendosi per la sua via con letizia. L'azione nella non-azione dei taoisti, insomma. Splendido.

    Il mio personaggio preferito? Alice ovviamente!

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